Spid che fine farà?

Lo Spid verso la proroga a giugno 2023, in attesa di eventuali rinegoziazioni delle concessioni. L’esecutivo, a confronto con le parti, elabora le possibili soluzioni per il futuro

La digitalizzazione non è più solo il futuro, ma è già il presente. Con la spinta della pandemia molte persone, anche quelle poco avvezze alla tecnologia informatica, hanno creato (per questioni di comodità o necessità) la loro identità digitale. A tal proposito parliamo di quello strumento che ormai abbiamo imparato a conoscere e a utilizzare: lo Spid (Sistema Pubblico di Identità Digitale).


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Da alcune settimane, al centro del dibattito, c’è la notizia per cui lo Spid potrebbe essere cancellato. Questo ha suscitato molta confusione nei cittadini italiani che si sono chiesti quali potrebbero essere le conseguenze.

Un’eventuale cancellazione interesserebbe una platea molto ampia di persone. Secondo dati Agid (Agenzia per l’Italia Digitale), sono 33,5 milioni i cittadini italiani che hanno già creato la loro identità digitale.

Che cosa potrebbe accadere, quindi, in caso di cancellazione? A tal proposito si aprono vari scenari. Il governo nei giorni scorsi ha proposto alcune soluzioni, come per esempio unire lo Spid alla CIE (Carta d’Identità Elettronica), o ancora prorogare la durata delle concessioni. Attualmente la scadenza delle concessioni è fissata ad aprile 2023, ma dovrebbe essere prorogata a giugno 2023.

Analizziamo la questione nel dettaglio per capirne di più.

Spid e CIE

Lo Spid non è l’unico strumento di identità digitale presente nel nostro Paese. Al suo fianco troviamo la CIE (Carta di Identità Elettronica). La Carta d’Identità Elettronica è uno strumento a sè e viene emessa dal Ministero dell’Interno, su produzione della Zecca dello Stato e dell’Istituto poligrafico.

A differenza della CIE, lo Spid è gestito da un gruppo di provider. Tra i principali ricordiamo Poste Italiane, Aruba, Tim, Infocert, Register, Namirial, TeamSystem, Sielte, Etna e Lepida. All’interno del gruppo dei provider gestori troviamo anche Intesa (Gruppo Kyndryl), che però ha già annunciato la sua uscita dal gruppo per la data del 23 aprile.

Gli identity provider  hanno più volte lamentato la necessità  di contributi  economici  per far fronte  al numero sempre più alto di identità digitali da gestire. In sostanza, la vita dello Spid è legata a un problema di costi.

Cosa propone il governo

La questione è finita sul tavolo del Consiglio dei Ministri e nelle scorse settimane l’esecutivo ha proposto di superare il sistema attuale unendo Spid e CIE in un’unica app.

A inizio marzo il governo ha avviato un confronto con AssoCertificatori per rinnovare le convenzioni con gli identity provider. Al momento non esiste un accordo ufficiale.

Al tavolo di confronto si è parlato di un fondo di circa 50 milioni di euro per far fronte alla gestione delle identità digitali, in numero sempre crescente.

Il Sottosegretario all’Innovazione Tecnologica ha espresso la volontà del governo di procedere con un rinnovo pluriennale del servizio.

Possibili scenari

Sul Sistema Pubblico di Identità Digitale non è ancora stata presa una decisione ufficiale, ma dal confronto tra le parti sono emersi diversi scenari possibili.

La strada più semplice e probabile consiste nella proroga delle convenzioni fino a giugno 2023, con rinegoziazione delle condizioni economiche.

Un’altra ipotesi è che il governo individui contributi economici per assecondare le richieste degli identity provider e procedere così al rinnovo pluriennale delle convenzioni.

Tra gli scenari troviamo quello dell’unione tra Spid e Carta d’Identità Elettronica. In questa ipotesi i due strumenti verrebbero riuniti in un’unica applicazione con il nome di IDN (Identità Digitale Nazionale). Quest’ultima ipotesi è difficilmente percorribile, anche perché rischierebbe di accavallarsi con la futura app Europea di Identità Digitale.

 

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Paolo Alpa

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