Lo stato dell’arte sugli investimenti

Francesco Megna, esperto di economia e finanza, ci aggiorna sullo stato dell’arte di investimenti, digitalizzazione, export e produzione industriale.

Nell’anno appena trascorso si è accentuata la riduzione della domanda di credito delle imprese in tutte le aree del Paese come conseguenza del rapido rialzo dei tassi di interesse da parte della Banca Centrale Europea, del minor fabbisogno per la spesa in investimenti fissi e per il maggior ricorso all’autofinanziamento (ovvero i flussi finanziari prodotti internamente dall’azienda).


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Una situazione che grava sugli investimenti, che sono poco incentivati: la produzione di beni strumentali è infatti in calo del 4 per cento rispetto a dodici mesi fa. Inoltre, i dati qualitativi indicano che negli ultimi tempi le condizioni per investire si sono deteriorate, tant’è che le previsioni delle aziende sulla spesa per investimenti nelle prossime settimane, pur improntate ad un moderato ottimismo, restano basse.

In poche parole, le aziende attendono tempi migliori per investire e se hanno liquidità attingono a quella. Sta calando perciò la domanda di fondi per il lungo termine, meno quella per il breve, cioè per scorte/capitale circolante e  pagamento fornitori: come  le richieste di anticipi fatture, cioè di  finanziamenti per ottenere in anticipo i futuri incassi di fatture emesse e non ancora scadute; lo smobilizzo crediti di portafoglio, ovvero il finanziamento per ottenere anticipi e trasformare in liquidità immediata gli incassi con scadenza futura e l’anticipo transato POS, cioè una linea di credito per ottenere fino al 70/80 per cento degli  incassi POS.

Nel corso del 2023, il 35 per cento delle PMI ha comunque potenziato gli investimenti nel campo digitale rispetto all’anno precedente. Il 40 per cento delle realtà più piccole è oramai avanti nel processo di digitalizzazione, mentre il 25 per cento stenta addirittura a riconoscere alla digitalizzazione un ruolo rilevante nello sviluppo del settore economico di appartenenza, segno questo di una scarsa contezza delle opportunità offerte dalla digitalizzazione.

Un’insufficiente consapevolezza implica investimenti limitati non solo in tecnologie ma anche in formazione. Il 2024 si prospetta cruciale per il futuro digitale del nostro Paese. In un panorama internazionale complicato, l’Italia affronta il nuovo anno con fermezza con l’obiettivo di colmare il divario digitale attraverso il PNRR.

Le prospettive per il nostro Paese sono incoraggianti; ci aspettiamo un incremento rilevante delle start up e delle imprese innovative con un’attenzione specifica a settori emergenti come la cybersecurity e la blockchain. Ovviamente il successo dipenderà dal quadro socioeconomico generale, dagli investimenti specifici e dalla volontà della politica di sviluppare la digitalizzazione.

Cala leggermente l’export e le aziende ricorrono, per rendere il business più efficiente ottimizzando la gestione della liquidità, sia a finanziamenti all’esportazione, ovvero finanziamenti a breve termine per ottenere liquidità immediata, smobilizzando in anticipo i crediti verso controparti estere a fronte di forniture di merci, sia a finanziamenti import per fornire liquidità a chi importa merci affinché possa far fronte ai costi di acquisto.

La riduzione dell’export di beni è riferibile alla frenata della domanda mondiale, soprattutto nei principali mercati di destinazione delle merci italiane, Germania e USA. Infine, cala la produzione industriale, ma frena anche il terziario.

Segno meno anche per il commercio.  i prezzi   sono aumentati in particolare nei settori abitazione, acqua, energia, alimentari e bevande, servizi e ristorazione. La dinamica dei prezzi si sta stabilizzando, ma naturalmente arriviamo a questo punto con il fiato corto.

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