Stop allo Smart Working semplificato

Dal 1 aprile 2024 è scattato il nuovo regime per lo smart working: l’imprenditore dovrà firmare con ogni dipendente un accordo individuale

Dopo i picchi registrati nel corso della pandemia e una graduale riduzione negli ultimi due anni, nel 2023 i lavoratori da remoto nel nostro Paese si assestano a 3,585 milioni, in leggera crescita rispetto ai 3,570 milioni del 2022, ma ben il 541% in più rispetto al periodo pre-Covid.


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Nel 2024 si stima saranno 3,65 milioni gli smart worker in Italia, come rileva l’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano.

Dati confermati da un report dello stesso osservatorio dal titolo “Smart Working: gli impatti su organizzazioni e società”, secondo il quale si assiste a un consolidamento del lavoro agile. Le aziende, infatti, prevedono di mantenerlo e solo il 6% non sa se avrà un modello in futuro.

Questa tendenza riflette un cambiamento radicato nelle dinamiche lavorative, con ormai poche realtà che non adottano questo modello di lavoro, almeno per una parte della popolazione aziendale. Il lavoro agile è considerato quindi sempre più un fattore d’appeal per un’impresa, un elemento in base al quale poter attrarre e mantenere talenti.

In virtù di questi dati, dovranno essere gli stessi imprenditori a non abbandonare il ricorso al lavoro da casa per i propri dipendenti: il 1 aprile 2024 lo smart working è infatti tornato al regime ordinario, regolato dagli articoli 18 e 23 della Legge n. 81/2017.

Durante la Pandemia da COVID-19, il Decreto Legislativo 34/2020 aveva previsto che fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica i genitori lavoratori dipendenti del settore privato che avevano almeno un figlio minore di anni 14 e i lavoratori fragili, avessero diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile anche in assenza degli accordi individuali.

Il termine finale per la validità di questa normativa di maggior favore è stato prorogato con diversi provvedimenti normativi, da ultimo con l’art. 1 L. 191/2023, Legge di conversione del decreto-legge 145/2023, il quale ha previsto come termine ultimo per questa previsione normativa il 31 marzo 2024.

Per continuare lo smart working, o per concederlo a nuovi soggetti, sarà infatti necessario sottoscrivere un accordo individuale con l’azienda, a patto che vengano rispettati i requisiti minimi dell’accordo e dando priorità alle richieste provenienti da alcune tipologie di lavoratori, ovvero mamme con figli fino a 12 anni e lavoratori fragili.

Ecco le nuove regole che dovranno essere seguite per continuare ad esercitare questa modalità di lavoro, ormai entrata nel costume e nelle abitudini di molte aziende e lavoratori.

1) L’imprenditore che decide di utilizzare il lavoro agile dovrà firmare con ogni dipendente un accordo individuale. In altre parole, lo smart working non rientra più tra i “diritti” del lavoratore, come durante gli anni della pandemia, ma passa tra le “modalità di esecuzione della prestazione”.

2) Nel corso dell’emergenza Covid in molte aziende, soprattutto quelle di grandi dimensioni, il ricorso allo smart working è stato disciplinato dai contratti collettivi stipulati tra le parti a livello aziendale.

Se tale accordo è a tempo indeterminato, le imprese potranno apportare modifiche, ad esempio sulla ripartizione delle giornate da alternare in presenza e da remoto, e proporre eventualmente un accordo di modifica al lavoratore che non ha bisogno di essere comunicato al ministero del Lavoro.

Se invece gli accordi individuali si smart working sono a termine, alla scadenza potranno essere rinnovati e, in questo caso, comunicati al ministero del Lavoro.

3) La disciplina ordinaria del lavoro agile assegna una priorità a determinate categorie di lavoratori, in gran parte individuate dall’articolo 18, comma 3-bis della Legge 81/2017. In particolare, sono da considerare prioritarie le richieste presentate dalle lavoratrici e dai lavoratori con figli fino a dodici anni di età o, senza alcun limite di età, nel caso di figli in condizioni di disabilità.

Prioritarie anche le richieste di smart working avanzate dai lavoratori con disabilità in situazione di gravità accertata, o che siano caregiver. I datori di lavoro devono garantire effettiva priorità a queste richieste per non rischiare eventuali “sanzioni indirette”, come l’impossibilità di richiedere la certificazione della parità di genere e l’accesso a bonus contributivi o bandi nazionali.

4) Un’altra categoria alla quale recentemente è stata riconosciuta una priorità nella richiesta del lavoro in modalità agile è quella dei dipendenti anziani, da 55 anni in su, prevista dal decreto legislativo 29/2024, il cosiddetto Decreto anziani, in vigore dal 19 marzo 2024 che, al comma 2 dell’articolo 5 “Misure per la promozione della salute e dell’invecchiamento attivo delle persone anziane da attuare nei luoghi di lavoro”, prevede: “Il datore di lavoro adotta ogni iniziativa diretta a favorire le persone anziane nello svolgimento, anche parziale, della prestazione lavorativa in modalità agile, nel rispetto della disciplina prevista dai contratti collettivi nazionali di settore vigenti”.

5) Rientrare tra le categorie che la legge considera a vario titolo prioritarie nel riconoscimento dello smart working non equivale ad avere diritto al lavoro agile: se il datore di lavoro prevede il ricorso allo smart working in ambito aziendale, deve riconoscere questa modalità d’esecuzione della prestazione lavorativa in via prioritaria alle categorie previste dalla legge.

Ma se l’azienda non prevede di ricorrere al lavoro agile, il lavoratore – anche se rientra tra le categorie prioritarie – non potrà pretendere di lavorare in modalità agile.

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Giulia Baglini
Giulia Baglini, giornalista.

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