Datrix usa l’intelligenza artificiale per soluzioni data driven per la data monetization e per l’ottimizzazione dei processi industriali e d’impresa
Datrix, società quotata sull’Euronext Growth Milan, è specializzata nello sviluppo di soluzioni e applicazioni di intelligenza artificiale per accelerare la crescita data-driven delle aziende attraverso tech companies altamente specializzate in mercati verticali.
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L’azienda opera principalmente in due settori: intelligenza artificiale per la monetizzazione dei dati – per massimizzare le opportunità di crescita nei settori Martech, AdTech e FinTech trasformando i dati in valore tangibile – e intelligenza artificiale per i processi industriali e aziendali – per migliorare l’efficienza di processi come centrali energetiche, infrastrutture di trasporto, produzione e logistica.
Dal 2019, Datrix ha accelerato la sua espansione attraverso acquisizioni sia in Italia che all’estero. Attualmente, il Gruppo Datrix comprende i marchi: Aramix, FinScience, ByTek e Adapex. Inoltre, Datrix collabora come partner tecnologico con consorzi internazionali su progetti di ricerca e sviluppo, finanziati sia dall’Unione Europea che dall’Italia, focalizzati su algoritmi di intelligenza artificiale nei settori finanziario, biomedicale e della sicurezza informatica.
Per scoprire al meglio il mondo di Datrix abbiamo intervistato Fabrizio Milano D’Aragona, Ceo e Co-founder dell’azienda.
Qual è il valore aggiunto dell’utilizzo dell’IA per le aziende?
«Le aziende oggi siedono su una quantità di dati impressionante e hanno quindi la necessità di poter sfruttare la capacità che l’IA ha di attivare questi dati, non esclusivamente numerici e tradizionali, ma anche e soprattutto testuali, su cui si innesta in maniera anche molto potente l’aspetto generativo.
L’IA è un enorme attivatore di dati. Da un lato, le imprese utilizzano questi sistemi per ottimizzare i processi produttivi, gestionali o di efficientamento energetico. Dall’altro, possono essere utilizzati per funzioni specifiche di business e – in particolare – nel marketing, nel sales, nell’apertura di nuovi mercati o nel lanciare nuovi prodotti.
Datrix mira a far uscire i dati dai laboratori e dai dipartimenti IT per renderli parte degli asset aziendali: non lavoriamo esclusivamente allo sviluppo di sistemi e algoritmi di IA, ma creiamo anche software basati sull’IA per usi specifici perché, per valorizzare le informazioni disponibili, è indispensabile avere un approccio specializzato.
Ora che l’IA ha raggiunto un livello di sviluppo importante e il costo della sua applicazione è sostenibile e giustificabile in molte realtà imprenditoriali, la sfida è avvicinarsi sempre di più alle esigenze del business e al cliente finale. Ricordiamoci che siamo la seconda nazione in termini di manifattura a livello europeo. In questo settore possiamo creare moltissima competenza, mettendo insieme i vari distretti industriali.
Credo che i più recenti sistemi di Federated Learning potranno aiutare i vari distretti a mettersi in contatto, creando sinergia per costruire modelli di conoscenza che non saranno basati solamente sul linguaggio, ma anche sulle esperienze di produzione delle aziende e sull’utilizzo delle energie».
In che modo il Federated Learning può agevolare la gestione dei dati?
«Il tema della raccolta dei dati porta inevitabilmente a quello della privacy e della legislazione vigente in merito.
Datrix si è già mosso, sviluppando e migliorando nuove tecnologie che permettono di trattare una grande quantità di dati – anche di natura estremamente sensibile – nel più totale rispetto della privacy e in linea con le indicazioni del recente AI Act.
In particolare, il Federated Learning offre un approccio utile all’addestramento di modelli IA in maniera distribuita, non richiedendo lo scambio o la condivisione di dati; diversamente, questi rimangono all’interno del sistema d’origine, allenando direttamente i modelli locali, garantendo privacy sui dati. Il Federated Learning permette poi di aggregare i modelli locali e di generare un modello globale con performance interpretative superiori ai singoli modelli locali.
Un’applicazione concreta del Federated Learning è stato il progetto europeo BETTER, di cui siamo capofila, che porterà nei prossimi tre anni a una piattaforma innovativa per l’analisi e la condivisione dei dati sanitari a livello europeo attraverso l’intelligenza artificiale e data science.
In questo caso, i dati dei pazienti rimangono all’interno degli ospedali stessi con cui vengono allenati dei modelli locali, garantendo in definitiva la completa privacy sui dati».
Che impatto ha avuto la recente approvazione dell’AI Act?
«Dal punto di vista delle aziende, l’approvazione e soprattutto l’adozione tempestiva dell’AI Act è fondamentale per permettere loro di accelerare gli investimenti in tecnologie di intelligenza artificiale con una comprensione chiara delle regole del gioco.
Questa chiarezza normativa è essenziale per evitare che le aziende debbano riorientare i loro piani strategici e gli investimenti in corso, garantendo un quadro chiaro e prevedibile, così da poter competere anche a livello globale.
È fondamentale, però, che l’AI Act non si traduca in un onere burocratico insostenibile per le aziende, soprattutto per le Pmi e per le start up: il successo dell’AI Act dovrà essere misurato non solo in base alla sua capacità di proteggere i cittadini e di promuovere l’innovazione, ma anche in merito alla sua implementazione pratica che deve essere accessibile e gestibile per tutte le aziende.
È essenziale, dunque, che l’UE e i singoli Stati forniscano non solo le linee guida, ma anche le risorse e il supporto necessari per garantire alle aziende di potersi conformare senza essere soffocate da requisiti poco gestibili e da procedure eccessivamente complesse.
Auspichiamo, quindi, che l’Europa sviluppi accanto alla normativa un quadro chiaro di obiettivi da raggiungere che possano aiutare tutti a misurare il reale impatto delle scelte legislative sull’economia e sulla società europea».
L’IA spesso è accostata alla questione etica: come si educano gli utenti a un uso responsabile dell’IA?
«C’è un’enorme enfasi mediatica sull’intelligenza artificiale generativa, recentemente portata alla ribalta dal caso ChatGPT, ma l’IA non si riduce solo a questo. I sistemi generativi hanno coinvolto attivamente anche gli utenti finali, che ora li utilizzano nel quotidiano; tuttavia, è necessario separare i due mondi, altrimenti si rischia di generare confusione e di ostacolare il progresso delle aziende.
Con l’avvio di questo processo di democratizzazione, dunque, diventa ancora più cruciale fornire un’educazione specifica agli utenti su come interagire con l’IA e su come interpretare i risultati prodotti. Infatti, non si tratta più solo di questioni tecniche riservate agli esperti, ma di problematiche quotidiane che coinvolgono i cittadini comuni, i loro dati e il modo in cui interagiscono con le macchine.
L’AI è una tecnologia avviata a una fase matura, in cui è determinante immaginare i campi della sua applicazione, ovvero saperla pensare, per creare progetti che restituiscano nuovi punti di vista. Per questo ci sarà grande richiesta di talenti con forti competenze in campo umanistico e creativo».