Confassociazioni è una realtà associativa che si inserisce nel panorama dell’economia italiana, sostenendo le associazioni al fine di perseguire i loro obiettivi sociali
Sono molteplici le azioni che svolge quotidianamente Confassociazioni per favorire e tutelare associazioni e piccole realtà che ricoprono un ruolo fondamentale nell’economia italiana. Conviene ricordare che sono proprio le piccole realtà a promuovere quelle iniziative davvero interessanti per diversi settori dell’economia italiana.
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È una caratteristica che contraddistingue il core business dell’Italia rispetto agli altri paesi internazionali, evidenziando un grande impegno a concorrere alla creazione della ricchezza. A presiedere Confassociazioni è Angelo Deiana, ANPIB (Associazione Nazionale Private & Investment Bankers) e ANCP (Associazione Nazionale Consulenti Patrimoniali), ritenuto uno dei maggiori esperti di economia della conoscenza e dei servizi finanziari e professionali in Italia.
Attualmente è vicepresidente di Auxilia Finance Spa, docente di Finanza Strutturata e di Progetto alla facoltà di Ingegneria dell’Università di Parma e docente di Finanza e Venture Capital alla facoltà di Economia dell’Università Mercatorum. Con Angelo Deiana vogliamo approfondire il ruolo strategico delle associazioni a beneficio dell’economia italiana.
Che valore aggiunto rappresentano le associazioni nell’economia italiana?
«In questa fase di economia governata dalla conoscenza, dall’innovazione tecnologica e dai dati, il mercato delle associazioni professionali si è profondamente trasformato tanto che la valorizzazione delle competenze distintive dei propri iscritti, ad esempio, a dieci anni dall’entrata in vigore della Legge 4, è diventato un mood abituale.
A questo si aggiunge la valorizzazione del principio di rete utile a creare ulteriori prospettive per la crescita del sistema Paese, grazie proprio a quei processi in cui lo scambio di know-how tra soggetti diversi non è visto come una competizione negativa, quanto piuttosto come un grande meccanismo a rete di collaborazione. Ovviamente tutto dipende da quanta fiducia esiste, tra i professionisti, nella forza della sinergia e della condivisione».
Qual è il ruolo svolto da Confassociazioni?
«Ne dobbiamo essere consapevoli: viviamo in un mondo complesso e interdipendente in cui l’economia della conoscenza, la globalizzazione competitiva e la diffusione delle nuove tecnologie di rete hanno prodotto cambiamenti epocali. Ed è fondamentale, quindi, pensare e agire in modo diverso, ad esempio, come fa Confassociazioni con il suo principio cardine: non si vince più da soli, o vincono tutti o non vince nessuno.
Noi lo diciamo e lo facciamo con un modello simile a quello delle università americane (ma non solo) che fanno “education for profit”. Noi facciamo “rappresentanza per lo sviluppo” perché questo mondo produce idee, progetti, soluzioni e Confassociazioni (sito web), con le sue 753 organizzazioni che riuniscono più di 1 milione e 260mila iscritti di cui oltre 213 mila imprese, la mette a disposizione “gratis” delle reti circostanti (istituzioni, politica, grandi aziende, banche a prescindere da qualsiasi posizione e qualsiasi provenienza).
Per questo ci definiamo “la rete delle reti”, ovvero una grande community di business che, oltre a fare rappresentanza, fa rete tra le imprese e tutti i soggetti associati così da implementare i loro processi di crescita. Sono i nostri professionisti, i nostri manager, le nostre imprese (e la loro reputazione) il valore concreto e pragmatico di Confassociazioni».
Nell’attuale momento storico cosa propone Confassociazioni per superare questa crisi economica?
«La risposta a questa domanda dipende da molte variabili globali difficili da governare come le guerre in Ucraina e, adesso, anche in Medio Oriente. Noi di Confassociazioni crediamo che per l’Italia sia fondamentale l’accelerazione degli investimenti (che vanno ancora a rilento) del PNRR, soprattutto quelli sulla transizione digitale ed energetica.
Senza dimenticare che, in un mondo globalizzato per quanto con attriti tra piattaforme (USA/UE versus Cina/Russia), la cooperazione internazionale è straordinariamente importante per affrontare le sfide economiche globali. Sul piano più micro del nostro Paese, crediamo sia importante dare risposte concrete e semplici al sistema delle imprese e delle professioni».
La transizione digitale come incide nell’economia italiana?
«La transizione digitale ha un impatto significativo sull’economia italiana, come in molte altre economie del mondo. È ormai consolidato il pensiero che l’uso intelligente della rete offre l’opportunità alle PMI di farsi conoscere oltre la dimensione locale su una scala impossibile in precedenza.
La comunicazione real time di questa fase sta facendo in modo che non il più grande, ma il più veloce abbia un vantaggio competitivo. Il livello di maturità delle competenze professionali e digitali, le logiche di costruzione costante di processi di redditività con infrastruttura tecnologica a supporto, l’attenzione alla valorizzazione delle risorse umane in rete, rappresentano l’orizzonte vero della consulenza prossima ventura e il “nice to have” che tutto il sistema Italia dovrebbe perseguire nei prossimi anni.
D’altra parte, in Italia, l’industria manifatturiera è un settore importante, e la digitalizzazione ha portato alla nascita dell’Industria 4.0. La produzione avanzata, la robotica e l’Internet delle cose stanno contribuendo a migliorare l’efficienza e la qualità dei prodotti nel sistema delle PMI italiane.
Tuttavia, è importante notare che la trasformazione digitale presenta anche sfide, come la necessità di garantire la sicurezza dei dati e la tutela della privacy, la gestione delle competenze digitali e la copertura delle infrastrutture digitali in tutto il paese. In generale, la transizione digitale sta contribuendo a cambiare il panorama economico italiano, ma richiede una gestione oculata per massimizzarne i benefici».
Perché sono minori i provvedimenti economici di lungo periodo?
«Ci sono diverse ragioni per cui i governi spesso adottano provvedimenti economici a breve termine invece di concentrarsi su quelli a lungo termine. In primis, perché la politica è spesso guidata da cicli elettorali concentrati sul raggiungimento di risultati a breve termine. Di conseguenza, spesso provano a evitare decisioni economiche a lungo termine che potrebbero avere effetti impopolari o che richiedano troppo tempo per produrre risultati visibili».
Le imprese in che modo sono influenzate dalla sostenibilità ambientale?
«Siamo ormai otto miliardi di abitanti sul nostro Pianeta. L’antropizzazione genera tante conseguenze, la più importante delle quali, a mio parere, è la crescita della domanda di energia rispetto al passato.
Diventa, quindi, fondamentale far diventare la transizione delle energie non sostenibili a quelle sostenibili un’azione consapevole e concreta da mettere in campo al più presto, se vogliamo lasciare ai nostri giovani e a quelli futuri che verranno un pianeta degno di essere vissuto. D’altra parte, non dimentichiamolo è proprio l’ambiente, ovviamente pulito, sano e vitale, la colonna portante di una società migliore basata sui 17 obiettivi dell’Agenda ONU 2030».
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