La sfida del Gruppo Marazzato

Il Gruppo Marazzato si impegna nella gestione responsabile dei rifiuti, investendo in ricerca e sviluppo per soluzioni innovative e sostenibili

Gestire in modo responsabile i rifiuti, contribuendo alla creazione di un futuro più sostenibile, rappresenta una delle sfide più difficili della nostra contemporaneità.


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Una delle aziende che da oltre 70 anni offre il suo contributo alla realizzazione di questo obiettivo è il Gruppo Marazzato, una società benefit piemontese specializzata nella gestione dei rifiuti industriali e negli interventi di bonifica ambientale. La parola al General Manager Alberto Marazzato.

Quale importanza assume oggi nella vostra azienda il comparto ricerca e sviluppo?

«Si tratta di un ambito strategico, soprattutto considerando il fatto che il mercato dei servizi ambientali di oggi non è più quello degli anni Settanta, quando bastava solo un po’ di spirito imprenditoriale. Per poter stare su un mercato ormai maturo e poter emergere nei confronti dei competitor, è fondamentale differenziarsi e cercare qualcosa di innovativo.

Per questo, nel 2020, abbiamo fondato la nostra divisione Ricerca e Sviluppo, allo scopo di ottimizzare i servizi di recupero e valorizzazione dei rifiuti e renderli più innovativi. Le idee possono accendersi in vari modi: una nuova tecnologia presentata da un tecnologo o da una università, oppure vista e applicata in un settore simile o ancora sollecitata da un cliente.

Tutti questi spunti vengono convogliati verso la ricerca e sviluppo e la stessa fa un primo screening, verificando che ci siano dei potenziali interessi. Segue un’analisi approfondita, in cui si verifica se l’idea può stare in piedi sotto l’aspetto tecnico, ambientale, normativo ed economico.

Se si supera questo primo passaggio, vengono coinvolti altri partner come le università. Per esempio, una di queste idee, sviluppate tramite un dottorato di ricerca, ci ha portato di recente alla registrazione di un brevetto, in comproprietà con il Politecnico di Torino.

Cosa che per noi è motivo di grande orgoglio. Il brevetto prevede il recupero di rifiuti inorganici per farne manufatti e per dare una seconda vita a uno scarto che sarebbe finito in discarica. Con un vantaggio competitivo: chi utilizza questi manufatti ecosostenibili può acquisire maggiore punteggio nelle gare d’appalto.

Collaboriamo anche con inventori o start up che cercano in noi un ambiente fertile dove poter industrializzare la loro idea, beneficiando di tutto il know-how distribuito all’interno della nostra azienda. Il vero valore aggiunto è sfruttare tutte le competenze disponibili internamente: dalla chimica alla cantieristica, dal settore farmaceutico a quello delle acque.

In base al singolo progetto si può aprire un tavolo di lavoro, di cui la Ricerca e Sviluppo detiene sempre la responsabilità e il coordinamento, assumendo anche l’eventualità che possano arrivare dei risultati negativi. In caso di risultati positivi si avvia l’industrializzazione del progetto.

Possiamo anche sviluppare progetti di ricerca conto terzi: è successo con un’azienda che aveva dei fanghi di depurazione da smaltire. Noi siamo riusciti a recuperare da questi rifiuti del materiale salino, che può essere utilizzato in un altro ciclo industriale, generando un ricavo anziché un costo.

Il nostro Centro di ricerca e sviluppo si trova presso la società Azzurra, la piattaforma creata per la gestione dei rifiuti industriali con sede a Villa Stellone, in provincia di Torino. In un’area di duemila metri quadri teniamo attività didattiche e di formazione, collaborando in particolare con il Politecnico di Torino.

A disposizione anche gli impianti pilota e un laboratorio chimico, dove testare le tecnologie di trattamento, fare ricerca applicata e tutti i test necessari allo sviluppo di nuove soluzioni all’avanguardia per lo smaltimento dei rifiuti».

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Centro Ricerca e Sviluppo

Quali progetti innovativi potrebbero nascere dalla collaborazione in essere con alcuni enti universitari del Piemonte e del Veneto?

«Con l’Università di Padova e l’Università del Piemonte Orientale stiamo realizzando un progetto specifico che ha coinvolto in una prima fase anche il Politecnico di Torino. Il progetto è sui PFAS, i microinquinanti dannosi per l’ambiente, indistruttibili in natura e purtroppo cancerogeni.

Dopo essere emerso in Veneto, il fenomeno è esploso anche in Piemonte, precisamente a Spinetta Marengo, in provincia di Alessandria, dove lo stabilimento Solvay è stato accusato di aver inquinato le acque del vicino fiume Bormida proprio con i PFAS.

Non c’è una normativa europea capace di limitarne l’utilizzo. Noi stiamo cercando una soluzione tecnicamente sostenibile e che abbia un costo accettabile. L’obiettivo è di riuscire a catturarli in maniera selettiva, rimuovendoli dal percolato delle discariche prima che vadano ad inquinare i campi o le falde acquifere».

In cosa consiste la vostra partecipazione all’interno del club deal di accelerazione per start up Spartan Capital?

«Si tratta di un network di imprenditori e di aziende di prestigio e di valore, per noi è un onore farne parte. È anche una vetrina sul mondo dell’innovazione digitale, in cui abbiamo l’occasione di imparare e di confrontarci con persone appartenenti a questo settore specifico.

Da parte nostra, noi portiamo al tavolo delle competenze lato ambientale tutta la nostra specializzazione. Spartan Capital seleziona e investe in start up e tecnologie con un impatto significativo in termini di etica, società e ambiente e in cui si coniughino in maniera armoniosa innovazione e sostenibilità. Valori che ci appartengono profondamente e che sono il nostro pane quotidiano».

 

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Giulia Baglini
Giulia Baglini, giornalista.

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