Marco Meneguzzo interviene sull’innovazione nel sociale, nel settore sanitario e nel settore pubblico e su come l’Italia deve risalire la classifica
Marco Meneguzzo professore di Management pubblico e non profit presso Università della Svizzera italiana e docente di Strategia e politica aziendale presso Università degli Studi di Roma Tor Vergata è stato delegato Rettorale all’innovazione sociale presso Università degli Studi di Roma Tor Vergata ed è componente del Comitato scientifico di Symbola.
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Svolge attività di formazione executive e di consulenza da più di 30 anni in Italia e ha lavorato in 15 paesi. Ha coordinato numerosi progetti di cooperazione transfrontaliera tra Canton Ticino e Regione Lombarda su benchmarking e benchlearning tra processi di innovazione nel settore pubblico e nel settore sociosanitario.
Ho dedicato molta attenzione negli ultimi anni all’innovazione nel sociale, nel settore sanitario e nel settore pubblico. L’Italia deve sviluppare, per risalire nel ranking internazionale, le interazioni e i collegamenti tra le diverse logiche di innovazione.
Come mostra la figura 1, l’innovazione nel settore pubblico (di servizio, di prodotto, strategica, di processo e ovviamente tecnologica) si è progressivamente consolidata a partire dagli anni Novanta, beneficiando moltissimo delle logiche di open innovation presenti nel settore privato e sperimentando in molte aree di attività le logiche di crowdsourcing.
Qualcosa è sicuramente passato dall’innovazione nel settore pubblico alle imprese private; ad esempio, le logiche sempre più diffuse di coinvolgimento di una pluralità di soggetti e attori chiave (le logiche multi stakeholder engagement) che caratterizzano a innovazione e talent management delle Nazioni Unite, presente in Italia con GCNI, e che ha recentemente pubblicato il primo bilancio sociale.
Ma ancora più rilevante è la contaminazione positiva dell’innovazione sociale, che si è affacciata sulla scena internazionale e nel contesto italiano a partire dall’inizio degli anni Duemila e che si è consolidata grazie al libro bianco sulla innovazione sociale della Unione Europea.
Il terzo settore e il mondo del non profit hanno sicuramente fornito spunti e indicazioni al settore pubblico, dalle logiche di crowdfunding allo stesso crowdsourcing, al co-design e al co-management degli interventi in settori quali sanità, sociosanitario, socioassistenziale, housing e housing sociale, cultura ed educazione per arrivare alle sperimentazioni in atto di bond a impatto sociale in corso di progettazione in alcune grandi città italiane, grazie a una iniziativa promossa dal Ministero della Pubblica Amministrazione (Fondo per innovazione sociale).
Si possono fare tantissimi altri eventi di contaminazione anche tra mondo del non profit e innovazione sociale e innovazione nel settore privato; vorrei citare in conclusione l’esperienza delle benefit corporation (B Corp).
Ricordo sul confronto e benchmarking dell’innovazione a livello internazionale il ruolo che ho svolto come valutatore e componente della Commissione di Valutazione delle Nazioni Unite (UNDESA) per il Public Service Award 2017 Innovation in healthcare, che mi ha consentito di apprezzare esperienze di innovazione nel settore sanitario a livello globale.
Per riflettere sul futuro è preliminare analizzare il rapporto tra innovazione e talent management. Nelle due tabelle proposte vediamo nella prima il posizionamento ai vertici della Svizzera nel Global Innovation Index (2022) e la graduatoria delle nazioni che puntano decisamente all’innovazione (semplice esempio nell’area MENA Turchia, Israele ed Emirati Arabi Uniti). Ma la seconda tabella chiarisce maggiormente la rilevanza di uno dei principali driver dell’innovazione ossia le persone.
La situazione, riferita al 2023 e preparata dal World Economic Forum Svizzera e Singapore mostra la capacità a livello di talent management (attrazione, gestione e mantenimento dei talenti.) In entrambe le graduatorie l’Italia sembra essere fuori gioco.
Intervento di Marco Meneguzzo