ESTA e viaggi d’affari negli USA: cosa c’è da sapere

Nonostante i dazi, gli USA restano cruciali per le aziende italiane. Attenzione all’ESTA: non è un visto, serve solo per brevi visite!

Nonostante le politiche sui dazi, gli Stati Uniti continuano a rappresentare il mercato d’elezione per un numero sempre maggiore di aziende italiane, che trovano proprio negli USA il canale preferenziale per espandere strategicamente la propria presenza internazionale. Per ricercare nuovi rapporti oltreoceano, o anche solo consolidare quelli esistenti, è prassi comune programmare uno o più “viaggi d’affari” negli States, nell’ambito dei quali si è soliti incontrare i clienti, partecipare a fiere o condurre trattative contrattuali. Trattandosi di attività occasionali non propriamente “lavorative” (e che non richiedono, di per sé, un apposito visto) in questi casi è generalmente possibile entrare legalmente negli USA per via aerea con il solo passaporto e l’autorizzazione ESTA, nell’ambito del cosiddetto Visa Waiver Program.

avv. Marco Dami

L’autorizzazione ESTA è generalmente valida per due anni ed è strettamente associata al passaporto utilizzato al momento della richiesta. Come in tutti i casi, la durata massima del soggiorno è stabilita dai funzionari del Customs and Border Protection (CBP) al momento dell’ingresso e la permanenza non può, in ogni caso, superare i 90 giorni per ogni viaggio, non essendo prorogabile. Molti viaggiatori sono erroneamente indotti a ritenere che, uscendo brevemente dagli Stati Uniti (ad esempio, verso il Messico o il Canada) e rientrando dopo pochi giorni, sia possibile “azzerare” agevolmente il conteggio dei 90 giorni, magari confidando di incontrare funzionari un po’ distratti al momento del nuovo ingresso. In realtà, il CBP valuta sempre la continuità e la frequenza dei soggiorni: viaggi ripetuti in successione, permanenze vicine al limite massimo consentito, o la sensazione che un individuo, considerando i vari ingressi, stia trascorrendo un periodo prolungato negli Stati Uniti in assenza di un titolo d’immigrazione adeguato, possono comportare criticità difficili da gestire al momento del reingresso negli USA. Alcuni imprenditori pensano addirittura che avere una o più filiali negli USA possa in qualche modo agevolare il loro ingresso con ESTA ritenendo, erroneamente, che la necessità di effettuare brevi visite per supervisionare le attività in loco sia compatibile con il Visa Waiver Program, magari perché connessa a uno specifico interesse statunitense.

È bene precisare che l’ESTA non è un visto, ma un’autorizzazione elettronica ( Electronic System for Travel Authorization ) che permette ai cittadini di alcuni Paesi, tra cui l’Italia, di recarsi negli Stati Uniti unicamente per finalità turistiche o per brevi visite d’affari. L’autorizzazione ESTA non costituisce, dunque, un documento valido per l’ingresso se il viaggio prevede lo svolgimento, anche in via occasionale o incidentale, di attività operative negli USA o, più in generale, l’esecuzione di prestazioni retribuite, anche solo di natura consulenziale. Al momento dell’ingresso, gli agenti del CPB possono interrogare liberamente il viaggiatore, esaminare il contenuto dei dispositivi elettronici, nonché chiedere informazioni circostanziate sul motivo effettivo del viaggio. Ogni incongruenza e inesattezza nelle dichiarazioni rese dal viaggiatore o eventuali irregolarità riscontrate negli accertamenti condotti, possono comportare conseguenze particolarmente sfavorevoli, che possono includere, tra l’altro, l’annotazione negativa nel sistema, fino ad arrivare, nei casi più gravi, all’arresto o al divieto di reingresso negli USA per un periodo temporale determinato, con contestuale espulsione immediata.

In un contesto in cui i controlli alle frontiere si fanno sempre più rigorosi, è fondamentale pianificare con cura ogni trasferta negli Stati Uniti, adottando accorgimenti strategici nel pieno rispetto della normativa d’immigrazione applicabile. Il confine tra “breve visita d’affari” e “attività lavorativa” − spesso sfumato − è tracciato in modo insindacabile dagli agenti del CBP al Port of Entry. Una consulenza legale preventiva può rivelarsi decisiva per tutelare la reputazione e gli interessi aziendali, chiarendo − caso per caso − se le attività previste durante il viaggio siano effettivamente compatibili con l’utilizzo dell’ESTA o richiedano, invece, un visto specifico. Una ricostruzione superficiale o imprecisa può precludere opportunità preziose e, nei casi peggiori, compromettere irrimediabilmente anni di investimenti e di relazioni con il mercato americano.

Contributo dell’avv. Marco Dami

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